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Contraffazione: criteri per il risarcimento del danno




In caso di contraffazione di un brevetto, il titolare del diritto leso può chiedere che il danno gli venga liquidato secondo il criterio del lucro cessante reale, ossia calcolato in base alla somma (c.d. margine utile) che il titolare del brevetto avrebbe ricavato se avesse venduto i prodotti allo stesso prezzo a cui li ha invece commercializzati il contraffattore.

Tale somma non può comunque essere inferiore a quella calcolata sulla base del criterio della c.d. giusta royalty (o royalty virtuale o giusto prezzo del consenso), ossia la somma che il contraffattore avrebbe dovuto pagare se avesse regolarmente ottenuto la licenza da parte del titolare del diritto leso.

Lo scopo è quello di una piena riparazione del pregiudizio risentito dal titolare del diritto di proprietà intellettuale.

Nel caso concreto, un'impresa specializzata nella vendita di autoveicoli industriali per la pulizia delle canalizzazioni e delle condotte, citava in giudizio un'altra impresa concorrente per l'accertamento della contraffazione della porzione italiana del proprio diritto di brevetto europeo su un'invenzione che migliorava l'attività di spurgo di pozzi neri. Quest'ultima, infatti, commercializzava, senza alcuna licenza, alcuni autoveicoli incorporanti la tecnologia brevettata. Per la liquidazione del danno i giudici di merito avevano ritenuto adeguato il criterio della c.d. royalty virtuale.

La cassazione ha invece accolto il criterio del lucro cessante reale perché più aderente alle dimensioni del pregiudizio effettivamente sofferto, affermando invece la sussidiarietà di quello della royalty virtuale.

Cass. 2 marzo 2021 n. 5666

Fonte: MementoPiù

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