L'andamento economico negativo dell'azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare.
E’ quanto emerge dalla Cassazione civile, sezione lavoro, del 25/01/2020 n. 1514; essendo sufficiente che le ragioni inerenti all'attività produttiva e all'organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, determinino un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa.
Secondo la Suprema Corte infatti, la modifica della struttura organizzativa che legittima l'irrogazione di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo può essere colta:
- nella esternalizzazione a terzi dell'attività a cui è addetto il lavoratore licenziato;
- nella soppressione della funzione cui il lavoratore è adibito;
- nella ripartizione delle mansioni di questi tra più dipendenti già in forze;
- nella innovazione tecnologica che rende superfluo il suo apporto;
- nel perseguimento della migliore efficienza gestionale o produttiva o dell'incremento della redditività.
Ove, però, il recesso sia motivato dall'esigenza di far fronte a situazioni economiche sfavorevoli o a spese di carattere straordinario, ed in giudizio se ne accerti in concreto, l'inesistenza, il licenziamento risulterà ingiustificato per la mancanza di veridicità e la pretestuosità della causale addotta.
Fonte: Cassazione civile, sezione lavoro, del 25/01/2021 n. 15
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