Il reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili è disciplinato dall’art. 10, D.Lgs. n. 74/2000 e punisce, a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. n. 124/2019, con la reclusione da tre a sette anni, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.
L'obbligo di esibizione delle scritture contabili della propria ditta perdura finché è consentito il controllo fiscale.
È quindi ininfluente che la documentazione sia a disposizione di terzi professionisti.
La condotta punibile consiste nella distruzione o nell'occultamento totale o parziale delle scritture.
La distruzione configura un reato istantaneo che si realizza al momento dell'eliminazione della documentazione, la quale può consistere o nella stessa eliminazione del supporto cartaceo o mediante cancellature o abrasioni. L'occultamento consiste invece nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori e si realizza mediante il nascondimento materiale del documento.
I giudici di legittimità, con sentenza della Cassazione penale 12 febbraio 2021 n. 5596, hanno ricordato che l'occultamento, a differenza della distruzione, dà luogo ad un reato permanente perché l'obbligo di esibizione perdura finché è consentito il controllo fiscale, con la conseguenza che la condotta antigiuridica si protrae nel tempo a discrezione del reo (art. 10 D.Lgs. 74/2000).
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