Nel contesto di un anno economicamente e socialmente difficile come il 2020, a causa della situazione pandemica e delle misure restrittive conseguenti, ai fini delle rilevazioni di fine esercizio effettuate dalla imprese, assumono un certo peso le perdite su crediti, alla luce delle evidenti difficoltà, da parte di molti soggetti economici, ad adempiere ai propri impegni.
La disciplina fiscale delle perdite su crediti, per gli operatori economici non esercenti attività finanziaria, bancaria o assicurativa, si basa su una tendenziale deducibilità, dato che il ricavo sovrastante il credito è stato precedentemente portato a tassazione dall’impresa, in base al principio della competenza.
La normativa fiscale, racchiusa fondamentalmente nell’articolo 101 comma 5 del TUIR, più che limitare la deducibilità, delinea le regole e le modalità in base alle quali una perdita su crediti possa essere dedotta dalle imposte sui redditi, per non lasciare troppo spazio all’arbitrarietà.
In linea generale una tale perdita sarà deducibile quando il debitore è soggetto a procedura concorsuale, o quando la medesima risulta da elementi “certi e precisi”, tali da poter qualificare la perdita come definitiva.
Gli elementi “certi e precisi” che sono in grado di qualificare una perdita su crediti come definitiva possono essere molteplici, quali ad esempio la prescrizione del credito, il raggiungimento di un accordo transattivo definitivo, o altro.
I crediti di modesto importo (fino a 2.500 euro o a 5.000 euro, a seconda della dimensione del creditore) godono di una disciplina agevolata, dato il costo delle procedure per il loro recupero, grazie alla quale gli elementi “certi e precisi” possono considerarsi esistenti trascorsi sei mesi dalla scadenza del credito.
Esistendo i requisiti richiesti dal legislatore fiscale,l’ulteriore, necessario requisito per dedurre una perdita su crediti è rappresentata dalla sua rilevazione sul bilancio d’esercizio di riferimento, da cui dipenderà l’anno fiscale in cui si potrà dedurre fiscalmente la perdita.
Ai fini della deduzione di questi costi non ordinari d’esercizio è richiesta la loro esposizione sul modello Redditi SC 2021.
Il primo ad essere interessato è il quadro RF, dove, tra le Variazioni in diminuzione, al rigo RF41 Quota delle svalutazioni e delle perdite su crediti, in base alle istruzioni del modello, “va indicata l’eccedenza deducibile delle svalutazioni e delle perdite su crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo”.
Il secondo ad essere interessato è il quadro RS, dedicato al rapporto di coordinamento tra bilancio e dichiarazione dei redditi; qui, al rigo RS65 (per i soggetti diversi dagli intermediari finanziari e dalle assicurazioni) in colonna 1 va esposto l’ammontare delle perdite su crediti con riferimento al valore di bilancio, e in colonna 2 l’ammontare deducibile, ai sensi dell’articolo 101 comma 5 del TUIR, di cui si è detto sopra.
La differenziazione deriva dal fatto che non è detto che i due importi siano effettivamente equivalenti. Tra l’altro, le istruzioni del modello Redditi SC 2021, ricordano come “la perdita realizzata va prioritariamente imputata al fondo svalutazione crediti e la determinazione della quota fiscalmente deducibile delle svalutazioni dell’esercizio, così come la valutazione dell’eventuale eccedenza imponibile rispetto alla soglia globale del 5 per cento, deve essere calcolata sull’ammontare dei crediti al netto della perdita”.
Infine si ricorda che le perdite su crediti sono indeducibili ai fini Irap a prescindere dal metodo utilizzato per determinare la base imponibile, sia esso a valori bilancio o a valori fiscali.
Fonte: fiscoetasse.com
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