In mancanza di una previsione di legge che regolamenti le vaccinazioni anti COVID–19 negli ambienti di lavoro, o che lo imponga quale condizione per lo svolgimento di determinate professioni e attività lavorative, ci si deve attenere alle regole generali di tutela della privacy e alle misure speciali di protezione previste per determinati ambienti lavorativi.
Soltanto il medico competente può trattare i dati personali sulla eventuale vaccinazione dei dipendenti, mentre il datore di lavoro deve limitarsi ad attuare, sul piano organizzativo, le misure suggerite nei casi di parziale o temporanea inidoneità.
Riportiamo di seguito le FAQ Garante Privacy:
Il datore di lavoro può chiedere conferma ai propri dipendenti dell’avvenuta vaccinazione?
NO.
Il datore di lavoro può chiedere al medico competente i nominativi dei dipendenti vaccinati?
NO. […] Solo il medico competente può trattare i dati sanitari dei lavoratori. Il datore di lavoro può invece acquisire i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica e le eventuali prescrizioni e/o limitazioni in essi riportati (es. art. 18 comma 1, lett. c), g) e bb) d.lgs. n. 81/2008).
La vaccinazione anti covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni (ad es. in ambito sanitario)?
Allo stato, nei casi di esposizione diretta ad “agenti biologici” durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevati per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi (art. 279 nell’ambito del Titolo X del d.lgs. n. 81/2008). […] In tale quadro solo il medico competente, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica.
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